Il low cost potrebbe essere visto come una conseguenza della crisi che sta toccando tutti i settori e
tutti i ceti sociali anche quello medio che storicamente è stato sempre risparmiato. In realtà non è così. Il
low cost, prima di tutto non deve essere confuso con termini come outlet e discount, è un fenomeno che
affonda le sue radici negli anni 90.
Esempi di low cost vincenti sul mercato
Primo esempio di modello low cost è stata la compagnia aerea: RyanAir.
Oggi insieme a questo nome si possono citare tanti altri: INGDIRECT; IKEA; H&M; DECATHLON, ZARA.
Tramite questi nomi si capisce che il low cost ha investito ed affascinato non solo il settore
dell’abbigliamento e del turismo, ma settori importanti come quello bancario. E citare INGDIRECT non vuol
dire usare i suoi servizi bancari perché si risparmia,come fosse una banca di secondo livello, ma è visto
come una “spesa” intelligente. Grazie ai suoi servizi celeri, comodi, basta un click di internet e flessibili e il
tutto con poche spese. E Skype? Telefonare comodamente a pochi centesimi in tutto il mondo?
E cosa dire di H&M, che secondo la classifica di Interbrand, è al 22° posto con un marchio che ha un valore
di 14 mld di dollari, mentre Gucci è solo al 45° posto?
Il punto di forza del fenomeno low cost è la percezione del valore; low cost per il consumatore non vuol
dire un prodotto scarso ma prodotto buono ad un prezzo buono e per le aziende vuol dire semplicemente
essere in grado di far percepire questo valore. Forse è per questo motivo che in Italia il low cost
rappresenta il 5% del Pil Nazionale.
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